Caterina di Chenal
«Personaggio affascinante, orgoglioso, di grande dignità nella sua disgraziata vita, Caterina riesce a resistere al processo e alla tortura, affermando le proprie idee e il proprio diritto a condurre un’esistenza libera, ammettendo una sola colpa: quella di aver troppo, e troppo bene, “amato”. Donna del popolo, straniera e sola, sicuramente bella e di spirito, guaritrice specializzata nella cura dei foruncoli, un bel giorno arrivò, da sola, nel piccolo villaggio valdostano di Chenal.
[…] Nel 1449, ormai cinquantenne, Caterina viene arrestata per stregoneria e sprofondata nelle segrete del castello di Montjovet.
[…] Lei, però non parla. Minacciata di scomunica e di una forte multa, ammette solo – ma di questo deve rispondere direttamente a Dio – il peccato di lussuria.
Torturata, non confessa e, per di più, grida così forte da costringere i giurati a rinviare il processo. Per quasi un mese, viene lasciata a marcire in cella. Poi suo figlio riesce, forse con l’aiuto del padre notaio, a richiedere garanzia di difesa legale dell’imputata; e si presenta con un avvocato che è un luminare del diritto, specializzato in reati di stregoneria. La difesa è chiara e circostanziata: Caterina riesce a scampare al rogo, ma viene bandita dalla diocesi.
E’ il 23 dicembre: le viene ordinato di recarsi a Roma in pellegrinaggio, di portare una croce rossa sul petto e sulla schiena in segno di penitenza (pena prontamente condonata da Caterina di Challant che assiste alla sentenza, prova evidente di solidarietà femminile), di abiurare. Lei nega ogni addebito: l’adorazione del diavolo, l’eresia contro Santa Madre Chiesa, le cavalcate sul bastone, i bambini mangiati, i sortilegi e le malattie inflitte con arti magiche, le sinagoghe [sinonimo di sabba].
Ammette solo, come sua unica colpa, di aver troppo, e bene, amato. Scomparirà per sempre da Montjovet subito dopo il Natale del 1449».
Da Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate di Michela Zucca